13/04/2023 – Fai un salto
Lo scorrere del tempo non è soggettivo, ma la sua percezione sì. Capita quindi che progetti conclusi appena sei mesi fa, un lasso di tempo piuttosto breve lavorativamente parlando, appaiano ai miei sensi come “lavori vecchi” e vengano archiviati (o che addirittura in qualche caso non mi piacciano più così tanto -ma un anno dopo invece sì, vai te a capire).
Fortunatamente il destino di “Fai un salto, fanne un altro” ha incrociato il ripescaggio dal suddetto archivio grazie alla presentazione di ieri sera organizzata dalla casa editrice Pendragon nella cornice della mitica Libreria Nanni di Bologna, evento durante il quale io e Simone Cortesi (sceneggiatore e curatore del volume) abbiamo avuto l’opportunità di ripercorrere il lavoro svolto.
Ho poi pensato fosse utile parlarne anche qui sul blog, per tenere traccia di quanto detto e fatto e avere una scusa per aggiornare il portfolio sul sito (le tavole si possono visionare integralmente qui).
Il lavoro
La commissione consisteva nel raccontare l’evoluzione della scuola Don Bosco di Castello D’Argile (BO) in occasione del suo centesimo anno di vita. Ci trovavamo quindi tra le mani tanta storia – e tante storie anche, perché gli abitanti del paese ed ex alunni avevano fornito abbondante materiale: testimonianze orali, quaderni, pagelle, foto, bigliettini, tutti raccolti in un archivio online ricco e dettagliato.
L’inizio
Per costruire una narrazione fluida e contemporanea Simone ha pensato di utilizzare il fumetto, proponendomi di ibridarlo in alcuni casi con illustrazioni tratte dal materiale esistente: la storia inserita nel libro doveva fungere da ponte tra la dimensione “tecnica” del volume dedicato all’edificio storico e quella più “affettiva”; inoltre doveva essere una storia trasversale, valida sia per gli alunni “di ieri” che per quelli di oggi e domani.
A nostra disposizione avevamo una trentina di tavole.
Simone ha proposto la storia e insieme l’abbiamo definita e cesellata, in un aggiustamento continuo tra tavole balloon dialoghi e scene tagliate o rivedute.
Come raccontare una storia passata e trapassata senza togliere peso al presente?
A noi è venuto in mente di ricorrere all’escamotage di un… salto nel tempo: la protagonista, preoccupata per un tema da scrivere, trova aiuto grazie a un’alunna coetanea del passato che la porta a ripercorrere i grandi eventi storici riflessi tra le mura della scuola; una scuola che ne ha viste passare tante e altrettante ne può raccontare.
Sia nel testo che nel titolo abbiamo giocato un po’ con le parole: salto nel tempo, fai un salto… e una vecchia filastrocca che cantavano le nonne, e che continua a essere cantata ai giorni nostri, si è prestata a fare da perfetto fil rouge!
Per differenziare la dimensione odierna da quella misteriosa e sospesa del passato ho scelto di lavorare sia sul layout che sui colori: le vignette delle tavole iniziali, che scandiscono un tempo regolare e conosciuto, piano piano si decostruiscono per lasciare spazio a tavole libere, oniriche, meno definite, mentre i colori passano da una palette variegata al classico seppia delle vecchie foto.
In alcune tavole ho giocato con elementi in sovrimpressione tratti da foto, oggetti o documenti realmente esistenti (nella tavola sopra, ad esempio, ho riprodotto alcuni dei materiali scolastici donati all’Aula Storica); in altre ho ricostruito scene provenienti da racconti orali (come nelle tavole qui sotto, cercando reference per rispettare l’immaginario del tempo).
Durante una visita alla scuola ho avuto modo di scattare decine di foto da riguardare durante la lavorazione delle tavole. Mantenere una buona fedeltà (senza esagerare, che se no diventa un ricalco senz’anima) è un accorgimento che, a mio avviso, può rendere le tavole familiari, verosimili e ancora più avvolgenti.
La ringhiera sotto è un elemento originale e piuttosto caratteristico dell’edificio, e nello spread sottostante ho voluto metterla bene in evidenza.
…Anzi, in alcuni casi ho sfruttato la sintesi degli elementi propri dell’ambiente (come l’alternarsi dei colori delle mattonelle nei pavimenti, le porte, le tinte sulle pareti, le architetture) per dare una scansione alle scene presenti nelle tavole, pur senza utilizzare vignette. Ingegnarmi a trovare questo tipo di soluzioni narrative è stato davvero divertente e stimolante…!
Una volta impostata la direzione della sceneggiatura e stabilito l’impianto grafico con la differenziazione tra passato e presente, ho lavorato sui dialoghi forniti da Simone (il quale a sua volta li aveva estrapolati dalle testimonianze in archivio). Ognuno ha un proprio modo preferito per gestire la costruzione di un fumetto: io mi trovo molto bene a partire dai balloon e tendo quindi a impaginare prima quelli nella tavola, rispetto ai disegni.
Ho fatto storyboard e matite (qui alcuni esempi) già piuttosto definite per far capire in primis a me (che fino all’ultimo non so mai cosa e come verrà fuori), e poi anche a sceneggiatore e committenti, in che direzione sarei andata con i disegni.
Va bene il lato positivo della sfida e il divertimento, ma non nego che alcune tavole siano state una vera e propria spina nel fianco!
Durante ogni fumetto che disegno passo almeno un 10% del tempo a domandarmi perché io abbia scelto di fare proprio i fumetti; a dirmi che i fumetti fanno schifo e sono una pugnetta, a giurare di aver perso la voglia di farne altri.
Poi niente, alla fine la maggior parte delle volte vengono carini, li riguardo, ci sono le presentazioni, la pagina stampata fa la magia, mi faccio pat pat sulla spalla.
Così sono fregata e accetto di farne uno nuovo.
Fai un salto…
…fanne un altro.