Come -penso- chiunque sia del mestiere, nutro un grande rispetto per i taccuini. Non li considero solo uno strumento di lavoro per fare le brutte copie, ma uno spazio vitale e libero, tutto da utilizzare a sentimento e da indagare a posteriori. Io stessa li uso continuamente e senza dubbio li sponsorizzo (o impongo, nel caso in cui si tratti di student* dei miei corsi) a chiunque voglia avviare un percorso artistico.
Il mio utilizzo del taccuino è così assiduo che lo considero ormai una relazione, in quanto tale soggetta a periodi up e periodi down. Nei periodi down mi si vede girare senza pace, sfogliare in continuazione le pagine e borbottare la tipica frase “sto litigando col taccuino”: provo a disegnarci sopra ma mi viene tutto senza senso, non mi ci trovo, non riconosco il segno, non vedo vita, chi sono io e cosa sto facendo, crisi personale e artistica, alè, tutto è perduto.
Proprio in questi giorni sono reduce da uno di questi litigi.
La buona notizia è che tutto si può risolvere. L’altra notizia, non necessariamente cattiva, è che per risolvere il litigio bisogna capirne la radice.
Solo che non sempre il pensiero fa clic in maniera ordinata, anzi, assurdo come a volte le soluzioni arrivino da input completamente casuali -e qui potremmo aprire la grande e condivisa parentesi sull’importanza di fare le cose più disparate durante le crisi artistiche, ma forse è meglio un’altra volta, comunque pensateci-.
Quest’ultima volta insomma è stato buffo: ho cominciato ad afferrare un capo del malessere durante il saggio del corso di pole dance alla sagra di paese, mentre fissavo l’insegnante intenta a fare una dimostrazione; ho seguito il bandolo della matassa e più tardi, mentre ero da sola non sulla spiaggia ma quasi e ascoltavo “Mare mare” di Luca Carboni, il pensiero ha fatto clic.
E mi è venuto da scrivere questo:
Commenti
W il Bresciani bú Luca Carboni!